ennismore gardens, 13

ore 20 dell'8 dicembre 1887

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  1. Cashmere
     
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    Aaron Hall
    Ennismore Gardens, 13
    ore 20 (circa) dell'8 dicembre 1887




    La neve. Il freddo. I coltelli. Le pistole. I criminali. Le botte. La morte.
    Aaron Hall non era spaventato, non un granchè almeno, da nessuna di queste cose. Aveva affrontato e calpestato la feccia dell'umanità,
    si era fatto attraversare da lame e vetri, aveva provato le carezze delle fibbie in metallo e del cuoio, aveva conosciuto la vergogna.
    Quisquilie.
    Era uscito indenne da operazioni sotto copertura, ferite auto inferte, combattimenti ben otre la legalità e interrogatori non convenzionali.
    Un altro era il fantasma che albergava nel cuore del giovane ispettore, la sua paura più tremenda, ciò che solo sapeva metterlo in grande difficoltà.
    Avere un rapporto umano semi-normale in cui vuoi provare a fare bella figura, dove forse, in fondo in fondo, sai che potresti persino impegnarti a comportarti da essere umano, a non essere lo stramboide che tutti dicono.
    Un solo problema. Hall ERA uno stramboide.
    Per tutta la vita aveva imparato a distruggersi, a cercare la propria strada tra le nebbie artificiali, a cercare la normalità nei demoni che quella stessa normalità, te la rubano fagocitandosela e restituendotela in poltiglia.

    Il 13 di Ennsimore Garden lo attendeva e, per sua fortuna, l'incontro con Mary Kelly aveva lasciato nella testa di Hall abbastanza interrogativi, ed ennesimi postumi da sbronza, da non permettergli di pensare troppo alla cena a casa di Marlowe per la maggior parte del tragitto. Tra un passo sbilenco, qualche riflesso faringeo, supposizioni relative al caso e una perduta cognizione del tempo, le vie di Londra si srotolarono sotto i piedi dell'ispettore fino a raggiungere il quartiere incriminato. Si, incriminato.
    Una volta riconosciute le case gli si arrampicò addosso un filo di tensione inaspettata.
    Perchè mi sono fatto coinvolgere? Perchè sono stati gentili con me? Ora dovrò parlare, provare ad essere socevole. E' mentire? E' essere sinceri? Posso portarmi a casa loro così come sono? Eppure faccia da cavallo ci teneva molto e se lo stufato è buono solo la metà di quanto dice allora vale la pena provare. Ho la mia collezione di sorrisi finti, basterà.
    Lo stomaco gorgogliava, forse per la fame, forse perchè i succhi gastrici lo stavano ormai corrodendo dall'interno visto che l'unica cosa sostanziosa che aveva ingerito era alcol nelle forme più disparate.
    Gli devo raccontare della puttana e della casa... ma ci sarà sua moglie, magari si aspettano che si parli di altro... Al diavolo!
    Con entrambe le mani si scompigliò nervosamente i capelli corvini più di quanto già non fossero con i cristalli della neve che lasciavano scie d'acqua luccicante su quella chioma corta e selvaggia.
    Messi da parte gli ultimi pensieri e compiuti gli ultimi passi si ritrovò di fronte al suo futuro più prossimo, una portone ed un numero civico, il 13, piuttosto ricorrente. In un impeto di sobrietà e compostezza si allacciò con cura i bottoni del soprabito e si spazzolò con la mano destra il retro dei pantaloni.
    Mobilità articolare? Presente.
    Mal di testa? Presente
    Capacità di mantenere una posizione eretta? Ci stiamo lavorando.

    Un ultima sferzata di vento ed Aaron Hall decise, eroicamente, di bussare a quel portone.
     
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    Jonas Marlowe (e Alice)




    “Bussano? Bussano.” Jonas sollevò la testa dal giornale del giorno prima.
    Alice guardò suo marito: “Complimenti, detective! Cosa suggerisce il protocollo della Yard in questi casi?” Sorrideva.
    “Aprire la porta, Agente Shelby-in-Marlowe. Ma con circospezione.”
    “Aspettiamo dei cattivi?” rise Alice sfilandosi il grembiule.
    “Non stasera, è la vigilia. La Vigilia i cattivi festeggiano. Così come i buoni.”
    “Allora chi bussa non è né buono, né cattivo: forse si è perso.”
    Jonas annuì. Era la verità. Alla porta c’era chi si era perso. Jonas non era certo che sarebbe stato in grado di trovare un disperso del calibro di Hall e riportarlo a casa. Nemmeno aveva una casa, viveva all’Hanged Witch!
    “Benvenuto!” Alice tintinnava come cristallo, brillava anche. Era una decorazione natalizia d’oro e d’argento sulla porta di Ennismore “Siete il nuovo collega di Jonas!”
    “mmmhh, sì, sono…”
    Alice si spose e lo baciò sulla guancia. Poi fece un passo indietro. Hall si portò una mano sul calore del bacio: “Cosa…?”
    “Vischio” Alice indicò in alto, sullo stipite della porta: “L’ho appeso per prendere Jonas di sorpresa. ”
     
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  3. Cashmere
     
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    Aaron Hall



    Oh, proprio come mia madre!
    Hall credette di aver pronunciato queste parole ma si accorse immediatamente che niente era uscito dalla sua bocca.
    "Accomodati Hall", la voce del collega, inconfondibile, lo invitava a mettersi a proprio agio.
    "Mrs Marlowe,io sono Aaron Hall e voi siete incantevole." Come un asso dalla manica sfoderò il primo sorriso dal suo set preordinato di buone maniere. Chissà cosa avrebbero detto gli altri colleghi nel vederlo comportarsi così.
    La mano destra si tese verso la padrona di casa, la sinistra si teneva ben salda allo stipite. Le dita lunghe e sottili si appigliavano in modo quasi feroce. Cos'era tutta quella tensione? Ok, avrebbe barcollato un po', ma poteva controllarlo, l'aveva sempre fatto...più o meno. Forza maledetto, è solo una cena. Non sarà poi così diverso dalle riunioni coi capi allo Yard.
    Un baciamano appena accennato, forse un po' goffo.
    Qualche passo all'interno tra le decorazioni e l'odore del famigerato stufato di Mrs Shelby-in-Marlow fece un ammiccante occhiolino al naso del giovane ispettore.
    "Che buon odore. Sembra tu avessi ragione collega."
    In un momento di lucidità si ricordò di un insegnamento di sua madre.

    Quando si è ospiti di qualcuno, è sempre buona educazione complimentarsi per la casa. Mi raccomando Aaron, che non si dica che la famiglia Hall non conosce le buone maniere.

    Il giovanotto segaligno già da adoloscente non riusciva a capire che tipo di piacere recasse ricevere un complimento del genere ma in questo caso, ringraziò di aver ascoltato sua madre.
    Si guardò intorno con un fare un po' meccanico e poi "Complimenti, è davvero un bel posto qui." recitando in modo credibile. Non che ci fosse poi tanto da recitare, quello era veramente un luogo che si poteva definire casa. Non ne vedeva uno da tempo, sicuramente il termine casa non c'entrava un fottuto niente con le camere spoglie e fredde dell'Hanged Witch.
    Ho detto già tre frasi e non mi viene da vomitare, sto andando alla grande.
     
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    Jonas Marlowe




    Jonas non sapeva se godere del suo piccolo miracolo – trasformazione dell’animale-Hall in essere umano – o temere per lo status quo, come quando si sposta un oggetto che è sempre stato fermo lì e poi, alterato un equilibrio occulto, altrove qualcosa crolla. Com’era quella cosa della farfalla che sbatte le ali in Cina? In ogni caso, una cosa gli premeva: che Hall sopravvivesse al Natale. O meglio, che la sua mente brillante sopravvivesse a Hall e insieme le due entità passassero il Natale beneficiando di una bell’atmosfera, mangiando cose normali e senza sbronzarsi. Non troppo. Forse non avrebbe dovuto prendersi a cuore le sorti di questo spettro. L’aveva visto aggirarsi, oscuro e con gli occhi rossi, per la Yard. Di lui si parlava solo negli angoli, colleghi con la mano sulla bocca e la faccia verso la parete. Si parlava del suo Genio e di come fosse una genialità candidata all’obitorio. Poi andavano per la loro strada, niente più bocche coperte, ognuno dietro la propria storia.
    Il fatto che un buon detective si stesse autodistruggendo faceva parte del folklore della Yard.
    ‘Questa città ci farà fuori tutti’ era il leit motiv dei detectives delle divisioni più disgraziate. Guarda quelli di Spitalfields, di Whitechapel: tutti alcolizzati. C’era persino stato un suicidio a Shoreditch.
    Questa città. Questa città.
    Jonas si fece avanti: “Ci siamo appena trasferiti: era solo un buco, ma Alice l’ha trasformata. Non possiamo permetterci di più per ora.”
    “Ricomincerò a lavorare molto presto” aggiunse Alice “mi sono licenziata dalla casa dove lavoravo prima. Non vedevano di buon occhio che mi sposassi e mettessi su famiglia”.
    “Oh” fece Hall, del tutto impreparato a pensare alcunché sull’argomento. Perché mai Alice lo informava di una cosa di cui si sarebbe dimenticato di lì a cinque minuti? Forse intendeva dell’altro. Perché la gente non parla mai chiaro? “Immagino sia perché presto avrete dei bambini vostri”
    Alice arrossì: nessuno parlava mai apertamente di gravidanze o nascite, si facevano sempre larghi giri di parole “è possibile” rispose “avete fame, detective?”
    Hall stava per dire “No” ma ci ripensò: “Sì, molta. Ho molta fame. “
    Alice si allontanò per andare a controllare lo stufato in cucina.
    “Mary Kelly” disse Hall. Jonas lo guardò senza capire.
    Hall continuò: “Mary Kelly nasconde qualcosa. Qualcuno. E’ una puttana di Whitechapel, ricordi? Credo nasconda il defunto Karl McCoy, che sta sicuramente meglio di me, visto come la bella signora si prende cura di lui…”
    “Hall, è Natale…”
    “Jonas, a Natale la gente abbassa la guardia. Lo fai anche tu e anche io lo sto facendo. Possiamo beccarlo.”

    Edited by Dr Frankensteen - 13/1/2015, 11:39
     
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  5. Cashmere
     
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    Tu e il tuo stupido Natale!! Quella puttana nasconde McCoy!
    Questo è quello che avrebbe voluto gridare o che avrebbe detto se non fosse stato così schifosamente poco ubriaco. Questa storia delle festività non gi piaceva, lo rendeva meno efficace.
    "Hall, potresti anche avere ragione ma almeno la sera della vigilia... molla un po' la presa no?"
    Aaron fece il suo gesto classico, il pollice e l'indice della mano destra premettero sulle palpebre chiuse fino a sentire dolore, fino a quando non senti il disperato bisogno di aprire gli occhi.
    Una lieve e stramba falcata in direzione del collega.
    I due erano ormai fianco a fianco, il giovane ispettore volse le labbra in direzione delle orecchie di Marlowe ed iniziò a sussurrare. "Ero lì, Jonas. E forse c'era anche lui. Non sappiamo se quella strega pazza di Mad Hattie avesse ragione o meno ma..."
    Una smorfia col naso a catturare il profumo dello stufato.
    "...gli indizi sono chiari. C'è qualcuno che abita con lei. Ti dirò di più, io la conosco in modo diciamo... intimo e mi è parsa diversa. Proprio fisicamente dico."
    Nel pronunciare questa ultima frase tese il collo all'indietro per incrociare lo sguardo di Jonas con i propri occhi dal fondo vitreo, contornati da quel trucco violaceo che non era frutto di un vezzo bensì del vizio.
    "Ti dirò di più. Sa che sono uno sbirro. Sa che lo cerchiamo. Dobbiamo farlo adesso, stanotte, mentre stretti nel caldo abbraccio del loro fottutissimo amore continuano a raccontarsi squallide bugie sul loro futuro insieme nei Natali prossimi venturi."
    Marlow rabbrividì. Hall era dannatamente serio e il tono di voce basso lo rendeva più inquietante di quello che già era.
    Forse aveva parlato troppo presto. I miracoli non accadono e almeno per stavolta la Cina era salva.
    Solo ora faccia da cavallo aveva notato che lo stramboide non aveva ancora tolto il soprabito.
    "Ora tu vai da tua moglie, le dai un bacio e le dici che stanotte diventerai un eroe. Poi andremo allo Yard, prenderemo chi c'è e andremo da Mary - puttana - Kelly e da Ammazzasbirri Mccoy. Poi ti aggiorno mentre andiamo."
     
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    Jonas Marlowe



    “Non diventerò un eroe, diventerò un divorziato!” sibilò Jonas, indicando la cucina. Hall lo guardò come si guardavano una volta i matti dentro al Bethlem, per passare il tempo la domenica pomeriggio. La sua fronte corrucciata diceva solo “Poveretto, oh, poveretto” proprio come se stesse mangiando lupini e guardando un alienato dare testate alle sbarre.
    “Marlowe, Cristodiddio!”
    “Shhh, niente profanità in questa casa!”
    “Gesù!”
    “Sei sordo, per caso?”
    “E a te sono rotolate via le palle?”
    Jona guardò allarmato verso la cucina. Senti Alice canticchiare una canzoncina di Natale. Poi guardò Hall: “Hall, io non mi arrabbio mai. E’ uno spreco di energie, ma l’Eggnogg natalizio ti riempie di fuoco. Stai attento a quello che dici.”
    Hall scosse la testa: “Credevo fossi un poliziotto.”
    “Lo sono!”
    “Allora andiamo a prendere Karl McCoy che ha massacrato i nostri. Non ci pensi a Hicks? Ora galleggia nelle fogne verso il mare aperto! Hicks! Ammazzato da McCoy! Pensa alla mamma di Hicks che questo Natale piange suo figlio morto!” Hall storse la bocca: stava esagerando col melodramma, forse? Ma se aveva calcolato bene, Jonas era proprio il tipo sensibile alle tragedie greche. No, doveva insistere.
    Tirò su col naso, come se volesse ricacciare indietro lacrime inopportune.
    Vuoi il dramma, Marlowe?
    E dramma sia, cazzo!

    Jonas si portò una mano alla fronte: “Hall, accidenti!” Lo prese per una spalla e lo spinse verso la porta: “Bene, visto che ne hai fatto un punto d’onore di rovinarmi la vigilia, almeno fammi abbozzare una scusa che mi consenta di avere ancora una moglie quando ritorno”.
    Hall fece una cosa inquietante: sorrise.
    “Parlo con lei, le spiego la faccenda. Non le mentirò. Ma concedimi un po’ di tempo. Ti raggiungo sotto casa della Signora Kelly.
    Signora! Solo Jonas si ostinava a dare ancora della signora a Mary Kelly! Hall cercò di non eccedere con i sorrisi: “Non farmi aspettare! Stanotte arrestiamo un morto che cammina!”-
     
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  7. Cashmere
     
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    Aaron Hall



    Hall era contento. Non avrebbe saputo dire perché, ma lo era.
    Magari per aver convinto Jonas, per essere scampato ad un interminabile cena di inverecondi convenevoli o forse perché era finalmente giunto il momento per cui avevano lavorato, investigato e rischiato.
    Karl McCoy stava per essere arrestato, il giovane ispettore ne era convinto.
    Con la mano già sul pomello e i bottoni già rinfoderati nelle asole come fossero armi di ordinanza, si fermò un attimo come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione.
    Un pensiero, risalito dal fondo della propria mente, arrampicatosi tra le rughe di una corteccia cerebrale tanto attiva quanto compromessa.

    -Madre, sapreste spiegarmi cos'è l'amore?
    -Bambino mio, l'amore è quando pure se fuori è freddo e non c'è carbone o legna da ardere, nel tuo cuore è sempre estate. E' la famiglia, una casa accogliente e la misericordia di Nostro Signore.


    Attivate da una manovella invisibile, una serie di diapositive si susseguirono improvvise.
    Un focolare.
    Sua madre.
    Alice che lo accoglie in casa raggiante.
    Lo sguardo di Jonas.
    Abbracci.
    Non vi capirò mai.
    Facendo spallucce si strinse i baveri, preparandosi al gelo pungente che lo stava aspettando.
    La serratura finalmente scattò e il fantasma vestito di nero oltrepassò l'uscio come se non ci fosse stato nessun impedimento, quasi fluttuando.
    La voce sottile di Aaron si mescolò al freddo, nascondendosi tra le nebbie prodotte dal fiato recitando così:
    "At the door of life, by the gate of breath,
    There are worse things waiting for men than death
    Alla porta della vita, ai cancelli del respiro,
    Ci sono cose peggiori della morte che attendono gli uomini"
     
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    Karl McCoy



    L'uomo in nero uscì dalla porta canticchiando. Lo spettro pallido. Lo sbirro di Mary.
    Volse le spalle alla facciata bianca della piccola casa, al bagliore dorato che trapelava dai vetri schermati da tende discrete. Le mani in tasca del cappotto si avviò lungo la strada, deserta a quell'ora. I bravi abitanti di Ennismore Garden festeggiavano la Vigilia di Natale. I bravi abitanti di Ennismore Garden non temevano le ombre.
    Chissà se il poliziotto pallido le temeva.
    Forse avrebbe dovuto. Era grande l'ombra che incombeva su di lui, che lo seguiva strisciando lungo la fodera indaco della sera, silenziosa e paziente, appiattita sotto il cielo gonfio di nuvole color del piombo e i tetti rivestiti di tegole color ardesia.
    Aveva atteso, l'ombra, davanti alla casa dalla facciata bianca, appollaiato tra i comignoli dell'edifico di fronte, come un fantasma dei natali passati in attesa di visitare il peccatore di turno. Quando l'uomo dai capelli rossi aveva accolto lo sbirro pallido, l'ombra aveva pensato che forse, dopotutto, la sua attesa sarebbe stata lunga. Che Mary avrebbe trascorso da sola quella sera, attendendo invano il suo ritorno davanti alla tavola apparecchiata per due, avvolta nello scialle di lana morbida, scrutando l'abbaino e sussultando a ogni rumore, a ogni fruscio.
    Per fortuna così non era stato.
    Forse, dopotutto, lo sbirro pallido aveva fretta di morire quanto lui, Karl, ne aveva di tornare a casa. Era la Vigilia di Natale, sarebbe stato accontentato. Doveva solo individuare il luogo in cui tutto, infine, si sarebbe compiuto. Non nello scenario rassicurante di Ennismore Garden, no. Non lungo i marciapiedi puliti, sui quali si affacciavano case rispettabili. Doveva pur avere una casa, lo sbirro, e di certo non era in un luogo del genere. Karl sapeva riconoscere il tanfo dei bassifondi, l'aroma acre dello squallore. Non si stupì nel vederlo tornare verso il fiume.
    Solo quando lo sfiorò il pensioero che potesse avere in mente di far ritorn oa Miller's Court la rabbia lo pervase al punto da spingerlo ad alzarsi in piedi, lì dove si trovava, e balzare sulla propria preda senza darsi più pena di nascondersi, senza alcuna prudenza. Ma fu solo un attimo.
    Lo sbirro ci teneva davvero tanto a morire, se pensava di poter tornare da Mary quella notte. Ammesso che fosse da lei che si stava dirigendo. Non ci sarebbe mai arrivato, questo era certo. Il suo fantasma era già sulle sue tracce, presto lo avrebbe raggiunto. Quando lo vide fermare una carrozza a nolo che avanzava ciondolando solitaria nella foschia, fu lesto a scivolare dal tetto e ad aggrapparsi al retro del veicolo mentre già esso si rimetteva in movimento. Ovunque stesse andando l'uomo pallido, avrebbe portato con sè la propria condanna a morte.
     
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